La Gang di Miss Simpatia in galera
Quando per la prima volta mi è comparso un post su questo progetto ho avuto la paura della prigione, ho provato claustrofobia in modo inspiegabile.
Il Progetto “theRAPia” di Miss Simpatia
Sandra Piacentini, nota come Miss Simpatia, ha creato il progetto “theRAPia” in seguito all’arresto del suo amico Hamza. Questo corso di rap, tenuto presso il carcere di Monteacuto, ha l’obiettivo di offrire ai detenuti un’opportunità di espressione creativa e di reinserimento sociale.
Il corso ha ottenuto un grande successo e la richiesta di una seconda edizione, già iniziata, da parte del Direttore del carcere, Manuela Ceresani. Ha coinvolto anche figure di spicco del rap italiano, come Trapgod, Emis Killa, Jamil, e Shekkero.
L’iniziativa, nata dal desiderio di rivedere un amico in carcere, si è evoluta in un progetto di ampio respiro che ha aiutato molti detenuti a riscoprire la propria identità e autostima. Double F, un detenuto che ha partecipato al corso, ha ringraziato Miss Simpatia per avergli “salvato la vita”.
“theRAPia” è diventato anche un documentario sul rap in carcere, girato da Tommaso Giantommasi e Ludovico Morandi. Inoltre, Double F ha realizzato un videoclip musicale in carcere e i detenuti hanno inciso le loro canzoni, grazie al supporto dello studio Pert2Studio e delle autorità carcerarie.
Superare i pregiudizi, lettera al carcere.
Ho pensato cosa potessi fare per questi ragazzi e con Associazione INDACO abbiamo deciso di premiare questo progetto con 5 lettori mp3, indispensabili per i ragazzi del corso. In un attimo ho superato il pregiudizio non verso il carcere, che mi terrorizza, ma verso chi nel carcere ci vive e che, per quanto possibile, ha bisogno di una possibilità. Ho superato anche il pregiudizio verso Miss Simpatia: mi stava sulle palle, non so perché, e ricordo di averla vista soltanto una volta cantare in una serata orrenda. Poi ricordo che forse era l’ex di Fabri Fibra. Decisamente troppo poche le prove che incastravano Sandra all’ergastolo da stronza che le avevo dato.
Concludo con uno scritto di uno degli artefici di questo progetto, che si rivolge con passione a quei ragazzi spesso dimenticati dietro ai cancelli, persone che potrebbero salvarsi assaporando la vita, guardandola da un punto di vista differente, non priva di ostacoli ma sentendone l’opportunità:
“Sono Seemo, ho 23 anni, faccio rap e pubblico musica da quando ero adolescente. Sono venuto a conoscenza del corso tramite Deedo, un altro mio amico e rapper, docente del corso. Contattando Sandra, le ho chiesto di poter far parte del progetto e sono stato accolto. È stata e continua ad essere un’esperienza importante. Nonostante abbia amici e conoscenze che, oltretutto, ho rivisto dentro la struttura, sostenere un qualcosa del genere dentro un carcere senza avere chiaro come è la realtà lì dentro può prenderti alla sprovvista. Proprio per questo mi sento di dire che, seppur dovremmo essere noi i docenti, i ragazzi ci hanno insegnato altrettanto da questo punto di vista.
Io penso che tutti abbiamo delle scelte (anche se in certi casi potrebbe sembrare azzardata come affermazione) per le quali bisogna assumersi le proprie responsabilità, sbagliate o giuste che siano. Ciò non toglie che errare è umano e non si parte tutti dallo stesso punto nella vita, questo non si può negare. Ma va sempre data la possibilità di redimersi. Ci sono ragazzi come me o tanti altri nelle galere che vengono lasciati a loro stessi in un ambiente duro e teso, tra suicidi, abusi, sovraffollamento e tanto altro. Quello che facciamo è cercare di migliorare il più possibile le giornate di questi ragazzi attraverso uno strumento di espressione e speranza come il rap, augurandoci anche che possano produrre qualcosa direttamente loro tramite il nostro aiuto, come già successo.
Posso farti l’esempio di Maicol, che all’inizio del corso tendeva a stare per conto suo con poca convinzione nell’esporsi; ora è più sciolto e si lascia coinvolgere nelle attività in modo più sereno. Ci sono ragazzi che hanno prodotto pezzi come Federico e Ismail, rispettivamente in italiano e arabo. Per me il rap è benzina, e vedere che, anche nel piccolo, lo è per loro mi fa capire che questa cosa va oltre la musica stessa, e lo fa da decenni. Come ho già detto, ho avuto la fortuna di rivedere un caro amico dopo anni, il che ha reso l’esperienza ancora più toccante. Ringrazio quindi chi mi ha dato la chance di partecipare e altrettanto i detenuti per essersi aperti con noi. Mi rivolgo a voi, ragazzi, stringete i denti anche se è difficile, avete fegato da vendere.”
Come Joel, direttore artistico, come membro di Associazione INDACO continuerò a sostenere questo progetto, l’arte può cambiare le cose e restituire i sogni all’uomo oltre l’ora d’aria.